Dalle ferrovie abbandonate alle ciclovie, il viaggio non si ferma

Un Saluto da Grandola. Val Menaggio

Ci fu un tempo in cui la ferrovia arrivava dappertutto (o quasi) e collegava luoghi lontanissimi tra loro, o anche vicini, ma impervi e raggiungibili solo affrontando giornate e giornate di cammino o transiti su mezzi più o meno di fortuna. Da che la locomotiva a vapore cominciò a percorrere i suoi primi metri sui binari, fu tutto un crescendo di sfide, di conquiste, un divorare continuo di strade e distanze. Da metà ‘800 e a seguire, società private e capitali pubblici fecero a gara ad aggiudicarsi lavori per collegare luoghi tra loro, e per rendere globale il mondo fino ad allora diviso da barriere spazio-tempo insuperabili. Fu una grande epopea quella della locomotiva e noi che amiamo viaggiare, ai ritmi lenti del passato e dei ricordi sbuffanti e sferraglianti, non possiamo non lasciarci travolgere da questa storia.

Ora, in concomitanza con l’arrivo della bella stagione, e come ormai avviene da alcuni anni, ricominceranno le iniziative volte alla valorizzazione delle ferrovie storiche dismesse disseminate lungo tutta la Penisola. Come si sa sono tratte comunemente dette “antieconomiche”, e già a partire dal secondo dopoguerra hanno smesso di trasportate merci e persone. Un patrimonio storico e culturale immenso lasciato alla cura amorevole di alcuni volenterosi appassionati. Negli anni precedenti al Covid, a partire dalla primavera si svolgevano iniziative come “Binari senza tempo”, promossa dalla Fondazione FS Italiane: lo scopo era (e si spera tornera` ad essere) quello appunto di accendere un riflettore su questa realtà da “museo a cielo aperto” e di consentire, a quanti vogliano fare un’esperienza fuori dall’ordinario, di salire a bordo di vecchi (o meglio antichi) treni a vapore e di lasciarsi trasportare a velocità moderata – secondo i nostri standard – , annusando e ascoltando odori e rumori consegnati agli archivi della storia. Quattro erano le linee ferroviarie interessate a questo progetto onirico: la Palazzolo sull’Oglio – Paratico Sarnico (sull’alto Sebino); la Asciano – Monte Antico (Val d’Orcia); la Sulmona – Castel di Sangro (Abruzzo; detta anche la “Transiberiana d’Italia”); e la Agrigento – Porto Empedocle (Sicilia; detta altresì “La Ferrovia dei Templi”). Si tratta di percorsi immersi nell’incomparabile bellezza della natura, binari che attraversano paesaggi poco o per nulla antropizzati, a volte quasi incontaminati, e che salgono anche a quote considerevoli (Rivisondoli-Pescocostanzo, 1268 metri). Per quasi un secolo questo fu l’unico mezzo di trasporto per intere comunità. Con l’avvento poi della motorizzazione a scoppio e la diffusione massiccia dei mezzi di trasporto privati, la ragione prima di queste meravigliose ferrovie venne meno: sia per i passeggeri che per le merci. Ed inevitabilmente ciò provocò la soppressione graduale dell’esercizio.

Ecco, a proposito di linee in via di dismissione, o dismesse del tutto, qualche temp fa – e con mio colpevole ritardo – mi sono accorto che nelle valli a ridosso di Bergamo esistevano due incredibili ferrovie: la prima partiva appunto da Bergamo e s’inoltrava nella Valle Seriana, fino a raggiungere Clusone (34 chilometri); la seconda, sempre partendo da Bergamo, arrivava a Piazza Brembana, seguendo le sponde del fiume Brembo (30 chilometri). I lavori, cominciati, negli anni ottanta dell’800, furono terminati sulle intere tratte rispettivamente nel 1911 e nel 1906.

Nelle locandine che raccontano le inaugurazioni delle linee si osservano paesaggi montani pittoreschi e viaggiatori abbigliati alla maniera della Bella Epoque: la Grande Guerra era di là da venire, e l’Europa era ancora il motore trainante dell’Umanità.

Valle Brembana

La tratta della Val Brembana, transitava da San Pellegrino Terme, e fu concepita soprattutto come ferrovia turistica (anche se poi e per lunghi decenni fu utilizzata anche per il trasporto merci: acque minerali, legname, marmi, prodotti tessili etc…); l’altra nacque come linea merci, e poi, con il successivo raggiungimento della rinomata Clusone, divenne mezzo di trasporto anche per i viaggiatori amanti della montagna. La ferrovia della Val Brembana venne ufficialmente chiusa il 17 marzo 1966; quella della Valle Seriana le sopravvisse di un anno: 31 agosto 1967. Il servizio di trasporto pubblico su ferro venne dapprima affiancato e successivamente sostituito dalle corse di linea degli autobus. Il materiale rotabile venne dismesso e del vecchio tracciato non ne rimase che una massicciata abbandonata.

Questo fino ai primi anni del 2000. A partire da allora, infatti, cominciarono a susseguirsi studi e progetti della Provincia di Bergamo, volti a valorizzare quest’immensa risorsa inutilizzata: ne vennero fuori due splendide piste ciclo-pedonali, lunghe rispettivamente 38 chilometri (Ciclovia della Val Brembana) e 31 chilometri (Ciclovia della Valle Seriana). Grazie a queste due opere l’amante della bicicletta può inoltrarsi nelle splendide valli a nord di Bergamo, raggiungere comodamente e in piena sicurezza località rinomate, e godere di paesaggi d’alta quota.

La stessa identica storia si puo` osservare nei luoghi in cui viviamo, ovvero nella zona del Centro Lago di Como. La linea ferroviaria Menaggio-Porlezza, inaugurata nel 1884, fu concepita allo scopo di aumentare il turismo del Nord Europa, e specificatamente nella regione del Lago Maggiore, del Lago di Lugano e appunto del Lago di Como. La grande idea era di creare un collegamento turistico che rendesse facilmente fruibile per i viaggiatori l’intera area, attraverso un servizio di trasporto efficente e veloce, sfruttando i collegamenti offerti dai moderni treni e dagli sperimentati traghetti di linea: una sorta di moderna concezione di trasporto intermodale. Arrivati in treno a Lugano, i passeggeri proseguivano con il piroscafo fino a Porlezza e da qui con il treno fino a Menaggio. 

Ciclovia Menaggio-Porlezza

Fu un periodo di grande fermento economico e sociale, e l’Europa a quel tempo divenne in centro del Mondo. Per oltre mezzo secolo queste sbuffanti convogli attraversarono territori che fino ad allora erano stati percorsi solo a piedi o in carrozza. Da Menaggio a Porlezza ci si impiegava quaranta minuti a fronte delle due ore e passa necessarie con i cavalli. Uno straordinario balzo nel futuro e nel progresso. Per superare il dislivello di 170 m fra Menaggio (207 s.l.m) e Cardano (377 s.l.m), la linea ferrata si dirigeva dapprima verso sud in direzione di Griante, poi i convogli, grazie ad una particolare manovra definita “regresso”, tornavano indietro salendo per proseguire in direzione nord.

Il Mondo stava cambiando a velocita` vertiginosa e nulla piu` sarebbe stato come prima. Fino al 1939 la linea ferroviaria venne sfruttata come sistema di trasporto locale, ma poi con l’avvento dei a motore a scoppio, e dunque delle corriere di linea, il treno divenne obsoleto ed anti economico. Il progresso, che aveva sancito l’incredibile ascesa della via del ferro, ne decretava la sua uscita di scena a vantaggi di mezzi di trasporto piu` moderni. La linea Menaggio – Porlezza venne definitivamente smantellata negli anni ’60 e qui, nei paesi che un tempo assistevano al transito del treno, vi sono ancora vecchi che ne ricordano le sue affascinanti vicende.

Ciclovia Menaggio-Porlezza

Anche la Menaggio – Porlezza, come le vecchie ferrovie delle valli bergamasche, e` divenuta una bellissima pista ciclopedonale. E cosi`, grazie a quel grande sogno realizzato dai nostri antenati, oggi possiamo godere di un lascito di inarrivabile valore, ovvero la possibilita` di pedalare in tutta sicurezza su un tracciato che attraversa paesaggi meravigliosi ed unici, passando dalle sponde del Lago di Como a quelle del Lago di Lugano ai ritmi lenti del passato. Ritmi lenti che, a ben vedere, sono l’unico modo sostenibile e responsabile per guardare al futuro con serenita` e fiducia.

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